Quali case per chi? A Padova come in Italia

Quali case per chi? A Padova come in Italia

il problema delle case vuote, delle aree industriali in crisi, e la possibilitá di una possibile decresita felice

Non è una novità che il trend demografico generale dei paesi e delle città in Italia sia in diminuzione: ne parlano tutti i mezzi di comunicazione e, passeggiando fra le vie delle città di pianura come fra i borghi di montagna, ci si accorge sempre più della presenza di case chiuse, edifici vuoti, appartamenti in vendita o in affitto. Ci sono meno persone, le città ed i paesi si spopolano. Solo in pochissimi casi, legati perlopiù all’aumento della presenza d’immigrati, vi è ancora una minima crescita; in tutti gli altri casi la popolazione italiana invecchia e diminuisce.

Dall’altro canto assistiamo ad un trend di sviluppo generale legato all’espansione e alla crescita in grandezza. Si continuano a costruire nuove case, nuove aziende, nuove strade. Si occupa nuovo territorio, si disboscano foreste, si toglie terreno all’agricoltura e all’ambiente naturale, si cementificano coste, si ristringono le aree di pertinenza dei fiumi e si tombinano i canali.

Soffermandoci solo sull´attuale situazione degli alloggi, il Veneto, secondo uno studio del professor Tiziano Tempesta, ha già oggi tante abitazioni e cantieri aperti sufficienti a soddisfare la domanda d’alloggio, anche da parte di nuovi immigrati, fino al 2022 e forse fino al 2034. L´Anci a marzo 2010 quantifica le case sfitte (o affittate in nero) in Italia in 4 milioni.  Il Ministro Roberto Calderoli, il 19 gennaio 2011 ha quantificato le ‘case fantasma’ in Italia (immobili disabitati o inutilizzati – casupole, baite, ville, magioni, casali, rocche, cascinali, immobili dello stato, fabbricati abusive ovvero non iscritti al catasto)  in circa 2 milioni e 800 mila.

A Padova, secondo quanto riportato nel corso del 2010 dalla stampa locale, il numero delle case sfitte in città è in linea con le percentuali delle altre medio – grandi città italiane. In città, soprattutto a seguito del saldo migratorio positivo e della mutata situazione geo-politica europea, si sta verificando dopo molti anni di decrescita un lieve incremento della popolazione.  Dati comunali evidenziano comunque un aumento speculare della cosiddetta “fascia debole” della popolazione cittadina, mantenendo il fabbisogno abitativo residenziale pubblico complessivamente costante nell´ultimo triennio.

In nostro movimento, da sempre attento alle dinamiche urbane cittadine e ai reali bisogni di Padova, è preoccupato da queste dinamiche perverse che vedono, a fronte di una evidente “sovrapproduzione” edilizia, una continua richiesta abitativa da parte della popolazione ed una cronica e oscura carenza di alloggi. Che questo gap sia in realtà dovuto all’eccessivo prezzo degli immobili, a dinamiche di rendita speculativa sulle aree edificabili e ad un cattivo/criminoso uso dello stock esistente?

Trasportati forse dalla pubblicità e dal consumismo estremo associamo senza riflettere il nostro progresso all’aumento spaziale e alla quantità di cose in barba a situazioni paradossali comuni a tutti i paesi e a tutte le città italiane dove percentuali importanti di abitazioni sono vuote e, dove, le zone industriali presentano aree aziendali non più occupate. Eppure, se ci soffermassimo un attimo per cogliere lo sviluppo delle specie che ci circondano o degli stessi oggetti che noi costruiamo, noteremmo che il progresso non è mai nell’aumento della quantità e nella grandezza ma, al contrario, nella specializzazione, nella miniaturizzazione e  nella qualità. Uno sviluppo urbano corretto, a fronte dei dati storici e delle previsioni di lungo periodo, deve essere quindi legato al contenimento, alla riduzione, a una “decrescita felice”.

Utilizzando le parole di Stefano Boeri, Architetto, docente di Progettazione urbanistica al Politecnico di Milano e direttore della rivista Abitare: crediamo che “una seria politica di rivitalizzazione di questo immenso patrimonio sfitto o abbandonato muoverebbe le energie molecolari di migliaia di piccole imprese edili, l’intelligenza delle innumerevoli associazioni che si occupano di instaurare uno scambio fiduciario tra proprietari e inquilini (ecco la vera sussidiarietà),  aumenterebbe il reddito di migliaia di famiglie impaurite da un sistema dell’affitto sregolato e darebbe casa a prezzi calmierati a altrettante migliaia di cittadini bisognosi ma esclusi dai requisiti a volte rigidi delle politiche centralizzate”.

In linea con quanto più volte già espresso, siamo convinti che a Padova dobbiamo concentrarci con più enfasi, più energie e più risorse sulla ristrutturazione e sull’occupazione dell’esistente e, se necessario, alla sua riconversione, ridando spazio all’agricoltura, ai parchi e all’ambiente naturale. Dobbiamo anche incentivare la delocalizzazione delle case di chi ha costruito in aree sensibili o pericolose. Ci piace ricordare che nuove aree industriali e commerciali non devono essere costruite solo perché la legge lo permette. Concentriamoci piuttosto sulla qualità di quelle esistenti, riorganizzandone la logistica, diminuendone gli impatti negativi e, quando possibile, pensiamo ad eliminare quelle non più necessarie o ad accorparle a quelle vicine.  Imponiamo sistemi costruttivi qualitativamente molto più stringenti degli attuali (regolamento edilizio) anche in chiave di un aumento della qualità architettonica e funzionale. Gli stessi costruttori affermano che anche l’economia ne guadagnerebbe, senza dimenticare che aumenterebbero i posti di lavoro.

Aumentiamo significativamente le attuali tasse comunali sulle seconde case e soprattutto su quelle sfitte da più di un anno e abbassiamole ulteriormente a chi affitta a giovani, anziani e senza reddito fisso.  Impediamo, in questi tempi di crisi, la speculazione edilizia e cerchiamo di avvantaggiare gli affitti nelle aree centrali delle città. Noi crediamo fortemente che debba essere assicurata una casa a chi ne ha bisogno, una casa di cui si ha bisogno quando si ha più bisogno, con i servizi di un abitare moderno, con spazi pubblici, verdi ed aperti, con attrezzature, nonché con un sistema di trasporti efficace. Una casa per chi risiede, ma anche abitazioni per chi vive una città o un luogo per studio, per lavoro o solamente per piacere. Una casa in una città bella e sostenibile non può sorgere in un centro oppresso dal cemento, dal traffico, da zone residenziali fantasma, da aree vuote, in stato di degrado o, ancora, da migliaia di case sfitte.

 

Altri dati e commenti sono riportati nell´articolo di Andrea Omizzolo sul sito http://www.omiz.it/?p=1537