TFR: QUALCHE SPUNTO DI RIFLESSIONE

TFR: QUALCHE SPUNTO DI RIFLESSIONE

Lunedì 5 febbraio è stato il TFR day, giornata dedicata all’informazione sulla scelta, da parte dei lavoratori dipendenti privati, su come destinare il proprio tfr, in base alla nuova riforma della previdenza complementare.

Tale riforma nasce, come evidenziato, dalla necessità di creare una sorta di “ruota di scorta” alla previdenza pubblica, dal momento che

che al raggiungimento dell’ età pensionabile il lavoratore percepirà una rendita pari al 50-60 per cento dell’ultima retribuzione.

La riforma, che introduce un profondo cambiamento nell’attuale sistema previdenziale, tende a incoraggiare la destinazione del TFR ai fondi con una fiscalità di vantaggio: i lavoratori vengono invitati a scommettere su questa nuova proposta sulla base dei dati statistici che fotografano i rendimenti registrati fino a questo momento.

Di fronte alla riforma, molti lavoratori si trovano disorientati: in che modo gestire la propria liquidità? Quale opzione garantirà in futuro una miglior qualità della vita? Tanti i dubbi e gli interrogativi aperti.

Non dobbiamo dimenticare che con la nuova riforma il giovane lavoratore si priva di una liquidità  che oggi rappresenta un’importante fonte di sostentamento per chi raggiunge l’età pensionabile: in questo modo le nuove generazioni si trovano a “sopportare” il peso della cattiva gestione del sistema previdenza che si è creata nel tempo. In secondo luogo gli italiani si sono sempre dimostrati poco propensi ad investire in fondi che hanno in sé elementi di rischio: una diffidenza che i recenti scandali finanziari non hanno certo contribuito a superare. Una considerazione che ci porta a ritenere che il passaggio dal vecchio al nuovo sistema previdenziale necessiti di tempi lunghi e di adeguate azioni di educazione e sensibilizzazione.

A fronte di tutto questo ci sembra opportuno evidenziare tre aspetti di questa riforma che, a nostro avviso, il legislatore avrebbe potuto tenere maggiormente in considerazione.

Il primo punto riguarda il dipendente che lascia il tfr in azienda: come sappiamo quest’ultimo può cambiare idea e passare ai fondi in ogni momento, mentre non può fare il percorso inverso: questo vuol dire che una volta scelta la strada dei fondi non si può più cambiare.

Probabilmente aver trovato una strada tramite cui il lavoratore, durante la fase di cumulo, avesse potuto verificare le performance prodotte e di conseguenza decidere se tornare sui suoi passi, poteva essere un proponimento che avrebbe aumentato la serenità e le possibilità da parte del lavoratore.

In secondo luogo con il raggiungimento dell’età pensionabile mentre per tfr (in azienda) e Inps viene erogato un capitale, per i fondi pensione si riceve una rendita (almeno per il 50 per cento); anche in questo caso vale lo stesso principio di prima e cioè sarebbe stato importante creare l’opportunità, una volta maturato il capitale, di poter scegliere, in entrambi i casi, se ottenere una rendita vitalizia o un capitale.

Il terzo “punto debole” che individuiamo nella riforma riguarda il caso di morte del lavoratore in pensione: mentre chi sceglie di mantenere il Tfr ha già goduto delle risorse accumulate, che gli vengono liquidate dopo la cessazione dell’attività lavorativa, per chi sceglie invece la pensione integrativa, è solo previsto che, “a tutela dell’aderente, gli schemi per l’erogazione delle rendite, possano prevedere, (e non debbano), in caso di morte del titolare della prestazione pensionistica, la restituzione ai beneficiari dallo stesso indicati, del montante residuo o, in alternativa,  l’erogazione ai medesimi di una rendita calcolata in base al montante residuale” (Art. 11, comma 5 del decreto legislativo 252/2005 ).

Dott. Roberto Bettuolo Presidente L’Albero

Dott. Alessandro Bazzan Consigliere L’Albero