prefazione

prefazione

Curata dal Ch.mo Prof. Ferruccio Bresolin, ordinario di Politica Economica dell’Università Ca’ Foscari di Venezia

La società dell’impresa, del lavoro, della partecipazione, era
questa l’economia che la Centesimus annum prefigurava dopo la caduta
del collettivismo e dell’utopia comunista. Le società capitalistiche
hanno avviato processi di Welfare volti non solo al sostegno economico
della persona ma, più in generale, alla sua piena realizzazione, in un
contesto, a sua volta in parte utopico, dell’eliminazione della
sofferenza umana e della realizzazione della felicità. E’ un percorso
eudemonico, nel quale la felicità rappresenta lo scopo ultimo della
vita e dell’esistenza umana. Ma la condotta che porta alla felicità è
più complessa di quella derivante dalla matrice utilitaristica e sfocia
nell’ambito più esteso della qualità della vita, dell’eguaglianza,
della verità.

E’
significativo che questa domanda di felicità, di giustizia, di sviluppo
della persona umana venga posta da un giovane che, andando
controcorrente, elabora una sua proposta di discussione, di sintesi
programmatica. E’ la metafora dell’albero, che cresce e si ramifica e
rappresenta un lume di fronte alle innumerevoli fragilità che
accompagnano la nostra esistenza. Se i temi affrontati non sono nuovi,
nuova è la sfida che viene lanciata per una realizzazione concreta di
una società migliore, nella quale i diversi aspetti della democrazia,
economica, politica e sociale trovino una concreta forma di dialogo in
un innovativo processo sincretico, non autoreferente, al servizio dello
sviluppo umano e della pace. L’attenzione si pone sull’uomo, in tutte
le sue dimensioni, in tutta la sua complessità ed i suoi aneliti di
giustizia. Egli è l’artefice dello sviluppo, la pietra d’angolo su cui
costruire la società del futuro, nel quale la felicità venga
aristotelicamente costruita gradualmente, mediante l’azione e l’impegno
quotidiano in tutte le sue sfere, intellettuale in primis. In questo
senso la felicità assume il carattere della pienezza, della vera e
consapevole realizzazione di sè, che genera appagamento e conduce alla
fioritura di tutte le capacità e qualità umane. Ma azione e discussione
conducono alla responsabilità, all’interrogazione kantiana su quali
siano anzitutto i nostri doveri, prima ancora dei nostri diritti, su
ciò che è nelle nostre possibilità d’azione al fine di costruire un
progetto comune di sviluppo.

E’ questo un percorso eminentemente etico, ed è anche la risposta
appropriata alle laceranti contraddizioni attuali, agli opportunismi,
alle striscianti forme di limitazione delle libertà e delle
capabilities è la Sen. Laddove sono evidenti i numerosi fallimenti del
mercato e dello Stato, laddove la “mano invisibile” e quella “visibile”
non riescono a soddisfare i crescenti bisogni di una società vieppi?
complessa e dinamica, ecco allora che solamente il sistema di valori ed
il comportamento etici possono dare quelle risposte ai problemi che i
sistemi a razionalità limitata lasciano tuttora insoluti. Luigi
Einaudi, in una delle sue Prediche inutili, ebbe a dire che il mercato
non soddisfa i bisogni delle persone, ma solamente la domanda ed in
particolare la “domanda pagante”, cioè quella che ha potere d’acquisto,
che ha forza di emergere. E l’altra parte? Quella latente, che non ha i
mezzi per emergere? Ecco allora il messaggio finale dell'”Albero”: la
democrazia sia il mezzo attraverso il quale si realizzi una società
nuova, realmente “libera”, nella quale l’uomo, senza alcuna
distinzione, abbia la possibilità di coltivare e sviluppare
adeguatamente le proprie capacità, al fine di acquisire quegli stati di
benessere definiti da quelli che Sen ha individuato come “funzionamenti
di rilievo”.

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